Esplorando l'Io


Replying to #6 L'assommoir e il senso della vita

  • Create account

    • Nickname:
  • Enter your Post

    •              
           
       
      FFUpload Pick colour  HTML Editor  Help
      .
    •      
       
      File Attachments    Clickable Smilies    Show All
      .
  • Clickable Smilies

    • :huh:^_^:o:;):P:D:lol::B)::rolleyes:-_-<_<:)
      :wub::angry::(:unsure::wacko::blink::ph34r::alienff::cry::sick::shifty::woot:
      <3:XD:*_*:];P:XP:(:=)X):D:>.<>_<
      =_=:|:?3_3:p:;_;^U^*^^*:=/::*::b::f:
  • File Attachments

    • BlogFree Hosting   jpg gif png zip ...

      Descr.:
      Image Hosting: host it!

  •   

Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 31/3/2024, 18:00
    L'assommoir di Zola è stata una lettura perfetta per il mio io razionale. Ricorda i romanzi di Verga ovviamente: la trama segue le vicende della lavandaia Gervaise, che cerca di affermarsi in un contesto tutto in salita per i poveri e gli ultimi. Anche quando le sue idee si concretizzano, anche quando sembra che tutto vada ben oltre le più rosee aspettative, un capitombolo riporta questi antieroi popolari al punto più infimo dell'esistenza.
    Gervaise parte con basse aspettative: un cantuccio in cui dormire e morire nel proprio letto. Nel corso della storia sembra ottenere molto più di quanto sperato: un marito amorevole, una bottega laboriosa e redditizia, pranzi ricchi di carne. In poco tempo tutto precipita, ed effettivamente Gervaise non riesce a soddisfare nemmeno il desiderio più elementare di morire nel suo letto: la ritroveranno in un sottoscala soltanto per il cattivo odore emanato dal cadavere.

    Il significato della vita
    I nostri sforzi maggiori sono dedicati ad avere una vita appagante. Io non mi chiedo più nulla, ho finito anni fa di chiedermi se fossi felice. Lo sono? Probabilmente no. Probabilmente, il mio desiderio di affermazione professionale, la mia fame di curiosità, di sapere, di intelligenza, mi ha portato a trascurare tutto il resto che la vita può offrire.
    Sembra di essere tornato nel periodo del più profondo isolamento, con la differenza che ora ho 30 anni, molte cose non si aggiustano più. Ecco cosa mi fa empatizzare con i personaggi del verismo e del realismo letterario: dopo tanto ingegno, arriva un momento in cui la strada è chiusa e tutto precipita. Come la chiusura della bottega di Gervaise: il marito beveva i guadagni, senza più contribuire all'economia famigliare. Il disgusto verso quella persona così cambiata e l'inettitudine di Gervaise, quel senso di passività e rassegnazione a quanto accade, spingono Gervaise tra le braccia di un antico amante, nonostante speri solo che ciò finisca il prima possibile. Gervaise non tradisce, non pensa all'antico amante con lussuria, ma vive il tutto, tutta la propria vita come un'incombenza. E' per questo infatti che cade ai piedi del becchino ad un certo punto, pregandolo di portarla via per sempre.
    Nella morte la sofferenza tace, tutti torniamo uguali, le nostre vite dimenticate appaiono quel che sono: un breve sogno da passare storditi, in un modo o in un altro, con l'amore, con il lavoro, con le sostanze. Qualsiasi cosa pur di non pensare.

    Qual è il senso della tua vita?
    Hai già dato un senso alla tua esistenza? Qualcosa che ti dia l'illusione che non stai sopravvivendo ma vivendo. Io ho terminato, non ho più questa domanda, attendo. Lavoro e attendo. Gli studi dicono che un asociale come me ha il 50% di possibilità in più di morire rispetto ad una persona socievole. Evidentemente perché essere da soli significa privarsi di qualsiasi possibilità di aiuto.

Review the complete topic (launches new window)